Di Andrea Martini
Dopo aver digerito i risultati elettorali, dopo quel che è accaduto (l’ulteriore aumento dell’astensionismo, la crescita internazionale della destra, anche quella più estrema e neofascista, l’inevitabile spostamento ancora più a destra delle istituzioni comunitarie, la prospettiva di un governo postfascista anche in Francia, ma anche il relativo successo del PD e di Elly Schlein, l’elezione di Ilaria Salis e di Mimmo Lucano e il parallelo rafforzamento dell’alleanza Fratoianni-Bonelli, il flop della “lista Santoro”, solo per citare gli elementi salienti), a sinistra, in quella che si autodefinisce “radicale”, il dibattito in generale sembra ristagnare.
Mancano significative analisi del voto da parte delle organizzazioni “maggiori”. Si segnala solo la “Risoluzione della Direzione nazionale di Sinistra Anticapitalista”, mentre Rifondazione, Potere al Popolo, la Rete dei comunisti, il PCL, SCR, almeno al momento, sembrano temporeggiare. Sembra languire perfino quella “discussione molecolare” che abitualmente si esprime nei social.
Nei social, in quelli dei militanti della “bolla di sinistra”, nella “compagneria” come alcuni vogliono chiamarla, al massimo alcuni si compiacciono della riuscita elezione della compagna Ilaria Salis e postano il suo messaggio inviato dagli arresti domiciliari di Budapest.
Non che non ci siano analisi più o meno condivisibili o più o meno strampalate (vedi qui quella di Olivier Turquet, pubblicata sul sito Pressenza, che individuerebbe nei risultati la crescita di un “fronte pacifista” che avrebbe raccolto circa 5 milioni di voti, conteggiati sommando quelli di AVS, PTD, Democrazia sovrana e popolare e il M5S!). Si tratta però, come nel caso di queste mie considerazioni, di analisi largamente individuali.
Alcuni, probabilmente scottati dall’insuccesso della “lista Santoro”, si rammaricano del fatto che non sia stato possibile stilare una lista unica tra AVS e PTD, tralasciando l’ingombrante protagonismo e l’imbarazzante interclassismo del presunto “guru” mediatico che aveva promosso la seconda.
Altri semplicemente si leccano le ferite prendendosela con la “strumentalità” con la quale il duo Fratoianni e Bonelli avrebbe accolto nelle loro liste l’antifascista brianzola detenuta nelle carceri di Orban.
A questo proposito, occorre sottolineare che, certo, le candidature di Ilaria Salis e di Mimmo Lucano sono state “strumentali”. Ma tutte le candidature sono strumentali. Perché, forse quelle di Maurizio Acerbo, Elena Mazzoni, Rita Scapinelli, Fabio Alberti e di altri militanti o dirigenti del PRC non erano strumentali? Servivano a Santoro per poter raccogliere le firme che altrimenti non avrebbe raccolto e servivano per simulare di avere una lista di sinistra, aperta ai movimenti, al fine di raccogliere un po’ di voti di sinistra che altrimenti non avrebbe mai avuto.
Solo che le elezioni di Ilaria Salis e di Mimmo Lucano, oltre a servire a Fratoianni, hanno anche avuto un significato in sé. Mentre la presentazione di Acerbo & Co. è solo servita a Santoro per avere qualche decimale in più. Che peraltro non meritava e che fortunatamente non ha determinato l’elezione di nessuno di quella lista qualunquista.
Certo, ora cresce il peso dell’organizzazione di Fratoianni, peraltro già significativamente forte in una sinistra ex rivoluzionaria da parecchio tempo alla ricerca di un porto sicuro.
Il problema è che il degrado attuale della sinistra italiana, a parte quello storico, cominciato più di 100 anni fa, non è iniziato ora con il primeggiare di AVS a seguito del suo buon risultato alle europee dell’altroieri. Con il degrado attuale della sinistra conviviamo da esattamente 20 anni, da quando Bertinotti ha scelto di “fare il pretoriano” di sinistra di Prodi e dei DS-PD, abbandonando il movimento altermondialista al suo destino. Anzi, corrompendone politicamente e ideologicamente alcuni allora giovani dirigenti (tra cui appunto Fratoianni, ma anche Michele De Palma, e l’ineffabile Gennaro Migliore), e contribuendo al ripiegamento nel riformismo movimentista anche di tanti centri sociali.
Ora Rifondazione (che ad alcuni appare più o meno abusivamente il soggetto più radicale della “sinistra radicale”) è nell’angolo. Ma a metterla nell’angolo non è stato Fratoianni, né la scelta di Ilaria Salis di presentarsi con AVS, né tantomeno i quasi 200.000 che la hanno votata o i 150.000 che hanno votato Mimmo Lucano. E’ stato un gruppo dirigente che non ha mai voluto riconoscere i madornali errori fatti, i tradimenti politici, programmatici e sociali. Anzi, che persevera nell’errore (vedi le recenti scelte elettorali in Sardegna e ora alle europee) aiutando a far gettare ulteriore discredito sull’idea stessa di sinistra radicale.
Un gruppo dirigente miope e ossessionato dall’elettoralismo e dalla presenza istituzionale, che non dedica minimamente attenzione al lavoro sociale e sindacale dei propri iscritti, lasciandolo all’iniziativa dei singoli, tutto concentrato com’è a cercare accanitamente di individuare l’interlocutore presuntamente più utile per tornare in qualche modo a “contare”. Che poi, per molti di loro, significa tornare ad avere forza e strumenti per poter contrattare sul come avere un qualche ruolo con il M5S o con Elly Schlein.