DI PIERLUIGI PENNATI
Prima il CCNL firmato dalla sola UGL con i Raiders e contestato dai lavoratori, ora la sola CISL che sottoscrive da sola quello degli gli Shoppers prontamente ritirato per le proteste della base e non sono casi isolati, tutti conoscono almeno la vicenda Alitalia che vide un accordo di salvataggio aziendale clamorosamente respinto dai lavoratori, almeno in quel caso, però, i sindacati coinvolti, CGIL CISL e UIL, avevano iscritti in azienda, mentre in quello attuale pare che la CISL avesse sottoscritto il nuovissimo CCNL di settore senza avere nemmeno un proprio iscritto tra suoi i destinatari, facendo sorgere spontanea la domanda: allora chi rappresentava?
Ma forse la domanda più corretta non è chi rappresentasse, ma quali interessi perseguisse, dato che l’immediato rifiuto della base interessata fa presupporre che non vi sia stato nemmeno un preventivo confronto con essa, producendo il sospetto che le aziende chiamino a negoziare solo alcuni sindacati più compiacenti piuttosto che altri più litigiosi e non tanto per rispondere alle richieste dei lavoratori, quanto per poterle prevenire limitando i propri oneri o, addirittura, ottenendo ulteriori benefici.
Il processo di formazione del consenso della base ed il suo supporto nei negoziati non dovrebbe essere mai secondario all’azione sindacale, perché senza questi presupposti risulterebbe, come nei casi citati, fine a se stessa e produce un proliferare di accordi che invece di soddisfare legittime esigenze di lavoro sfiancano il morale dei lavoratori a favore delle controparti producendo solo malcontento e crescente ingiustizia.
Si dice che piuttosto che niente sia meglio piuttosto e questa previsione, in effetti, sembra essere quella alla base di molti negoziati sindacali, questo sembra essere il concetto trainante della moderna concertazione, spegnendo la lotta senza veri progressi e perdendo poco alla volta, ma costantemente ed inesorabilmente, terreno nel campo dei diritti dei lavoratori, della loro dignità e libertà, facendo avvicinare il moderno concetto di lavoro ad una subdola moderna schiavitù nella quale si lavora sotto ricatto, sotto pagati e senza tutele pur di lavorare.
In queste condizioni il concetto di libertà e dignità del lavoratore sono più che compromessi e la sua sicurezza è solo un lontano optional, esso deve lavorare, tacendo ed in fretta, anche a discapito della propria incolumità per competere con altri soggetti in una corsa al ribasso che ormai da troppo tempo produce quello che viene definito “lavoro povero”, ovvero lavoro che oltre alla mancanza di stabilità e diritti produce risorse inferiori alla soglia di povertà stabilita dai parametri governativi.
In questo contesto l’azione sindacale che dovrebbe essere tesa a generare diritti per i lavoratori e la stabilizzazione delle loro prestazioni, assume invece una forma molto simile ad una sorta di pirateria sindacale per la quale i soggetti accettati dalle controparti “corrono” a sottoscrivere accordi non tanto per favorire iscritti, che talvolta nemmeno hanno, quanto per affermare la propria esistenza in vita e diritto negoziale, meglio se esclusivo.
Così mentre le richieste dei lavoratori veicolate da sindacati conflittuali devono prima superare la fase dell’accettazione ad un tavolo, sindacati legittimati da una giurisprudenza ormai ampiamente discriminatoria siedono ai tavoli per spegnere le protesta e perpetrare la loro solitaria corsa alla legittimazione.
Ma se questi accordi senza consenso preventivo sono emersi nelle cronache giornalistiche per essere stati stipulati in settori senza tutele per chi vi lavora ed in tragica espansione, la maggioranza degli accordi siglati negli ultimi anni senza alcun consenso o supporto della base, o persino contro di essa, sono passati inosservati al grande pubblico perché circoscritti all’interno di realtà nelle quali in fondo qualche tutela vi era già, impedendo così una seria riflessione su quanta trascuratezza vi sia ormai nel non riuscire più a considerare il lavoratore come essere umano con una propria dignità, preferendo alcuni soggetti adeguarsi supinamente al dilagante atteggiamento dei padroni di considerare la manodopera solo come un qualsiasi elemento minore di una economia dove il capitale è l’unico protagonista e l’unico obiettivo.
Accordi pericolosi che annientano a lungo termine la libertà, la dignità e la sicurezza del lavoratore e che avvengono oggi sotto una legittimità dettata quasi esclusivamente da carte bollate che trascurano la reale rappresentatività dei soggetti negozianti e che somigliano sempre più nell’operato a quello dei corsari di altri tempi, i quali, dotati solo di un certificato di legittimazione, potevano assaltare a piacimento navi di altre nazioni per depredarle di tutto.
Di fronte a questa situazione sembra ormai evidente la sempre maggiore necessità ed urgenza di produrre una normativa universale per mettere ordine in un settore ormai preda di assalti selvaggi e non più solo del padronato.