di FABRIZIO BURATTINI
Tre aerei si sono schiantati in rapida successione, con un bilancio di 600 morti.
È successo sei settimane fa. E già non ne parliamo più.
Com’è possibile? Dovremmo sapere tutto sui Boeing 737, sulle condizioni di manutenzione degli aerei, sui loro infernali viaggi di andata e ritorno, sulle condizioni di lavoro del personale, sulla convenienza del prezzo scontato che dobbiamo pagare per un viaggio di andata e ritorno…
Sì, sono morte 600 persone, ma non erano turisti stipati negli affollati torpedoni volanti della RyanAir. Erano migranti inghiottiti senza pietà nelle acque blu del Mediterraneo, appena fuori dalle coste della Grecia.
Erano ancora più stipati dei turisti low cost di RyanAir. Eppure erano high-cost: ognuno di loro aveva pagato tra i 4.000 e i 6.000 euro. Però erano pakistani, siriani ed egiziani.
Abbiamo salvato circa novanta siriani ed egiziani e una dozzina di pakistani. Nessuna donna o bambino. Un tempo si diceva “prima le donne e i bambini”…
Ma tutto questo era prima. E le donne e i bambini erano rinchiusi a doppia mandata nella stiva della vecchia bagnarola.
Il ponte, l’aria aperta e la possibilità di sopravvivere a un naufragio erano per gli uomini, preferibilmente egiziani e siriani (evidentemente i pakistani erano tutti in economy class), anche se non c’erano giubbotti di salvataggio né hostess che te ne spiegano l’uso.
Gli altri, rinchiusi, sono affondati senza possibilità di scampo, come pietre, in una prigione galleggiante che non ha raggiunto la sua destinazione, l’Italia.
Le inchieste condotte da qualche media hanno rapidamente stabilito che il naufragio è stato dovuto alla lentezza della guardia costiera greca e al suo criminale desiderio di rimorchiare con una corda il vecchio peschereccio alla deriva, e di farlo non verso la costa più vicina (cioè quella greca) ma verso le acque italiane, così, tanto per per sbarazzarsi del problema.
Dal canto suo, Frontex ha giurato di aver lanciato l’allarme e, di passaggio, si è impegnata a non fornire ulteriore assistenza nelle manovre di respingimento in alto mare (ammettendo dunque di averlo sempre fatto finora).
In risposta alle richieste di responsabilità della Commissione europea, il governo greco ha risposto che non dobbiamo credere a tutte le favole diffuse dai “sostenitori delle frontiere aperte”…
Alcuni trafficanti egiziani sono stati imprigionati e sono oggetto di un’indagine penale.
Per il resto, abbiamo già abbastanza di cui preoccuparci: il caldo, gli incendi, la penosa situazione dei turisti italiani in fuga dagli incendi e costretti a dormire per terra nelle palestre comunali di Rodi e di Corfù, l’industria turistica che rischia di fallire, i voli in ritardo, quelli cancellati, come chiederne il rimborso? e, qualche settimana fa, le tragiche notizie del sottomarino affondato con qualche miliardario dentro mentre cercava il relitto del Titanic…
Tutto questo mentre migliaia di aerei (Ryan Air e non solo) si incrociano sopra ogni altra parte del mondo, dando un contributo speciale all’incremento dell’inquinamento. E mentre orde di turisti si affollano sulle spiagge del Mediterraneo, che è un po’ come andare in costume da bagno sui bordi di un immenso cimitero.
Chi adotterebbe un atteggiamento così inerte nel caso in cui un po’ di aerei di una compagnia qualsiasi si schiantassero al suolo?
Le istituzioni della UE per qualche istante hanno pianto lacrime di coccodrillo, ma poi hanno stretto la mano a Kyriakos Mītsotakīs, così come mesi prima, dopo l’altro disastro aereo di Cutro, l’avevano stretta a Giorgia Meloni e hanno stipulato accordi con gli “amici” libici, con quelli turchi e quelli tunisini, pagati fior di miliardi di euro per “arginare il flusso”.
Questa Europa non è la mia. E la Grecia la cosiddetta “culla dei valori democratici” ne è diventata il becchino.
Pubblicato su licenza da https://refrattario.blogspot.com/2023/08/che-ne-e-stato-di-quei-tre-aerei.html?m=1