Nei giorni scorsi il capo del personale di ArcelorMittal Taranto ha preso carta e penna ed ha contestato a diversi lavoratori dipendenti dello stabilimento siderurgico i contenuti di un post su Facebook considerati “gravemente lesivi dell’immagine e della reputazione aziendale”.
I lavoratori sono stati sospesi con l’evidente implicita intenzione di licenziarli.
La loro presunta colpa ?
Aver condiviso uno screenshot della fiction di canale 5 con Sabrina Ferilli, ” Svegliati amore mio” , in cui si narra delle vicende di un bambino malato di cancro a causa dei veleni mortiferi di un grande stabilimento industriale e invitando tutti a guardarlo perché sembra la situazione tarantina.
È bene sottolineare, a testimonianza della inaccettabile e scomposta reazione aziendale, che la fiction non è stata girata a Taranto né fa riferimento alcuno a ArcelorMittal.
Ora, che la città e i lavoratori dello stabilimento siano esposti ai veleni delle esalazioni dello stabilimento siderurgico è, non solo un dato di fatto acclarato, ma persino una verità giudiziaria.
L’Italia è stata condannata in sede Ue per i veleni della ex Ilva.
Certo Mittal, che non a caso ha preteso lo scudo penale, potrebbe essere assolto da responsabilità per quanto accaduto sino al 2018 non essendo presente nella proprietà, ma negare che a Taranto il tasso di mortalità tumorale sia uno dei più alti d’Italia, che decine e decine di bambini nascano con livelli incredibilmente alti di metalli pesanti nel sangue è un’assurdità.
ArcelorMittal dichiara di rispettare il livello di emissioni previsto dall’Aia. Forse si, forse no. Resta il fatto che le prescrizioni sulle emissioni imposte ad uno stabilimento sotto sequestro dal 2012 per accertata responsabilità nel rischio sanitario e ambientale nei confronti della città di Taranto potrebbero essere rispettate ma non sufficienti ad assicurare il diritto alla salute.
Non a caso si è chiesto di monitorare costantemente la salute dei tarantini istituendo un vero e proprio protocollo sanitario.
Lo studio Sentieri, quello unanimemente riconosciuto come il più documentato e attendibile, sostiene che il picco delle morti causate direttamente dall’acciaieria ci sarà nei prossimi anni.
Un dipendente ArcelorMittal tuttavia non può dire quello che tutti sanno, che la stampa, i partiti, i sindacati, le associazioni, gli enti preposti denunciano da anni. Ovvero lo stato di degrado degli impianti e il permanere di un rischio alto per la salute di lavoratori e cittadini.
ArcelorMittal esprime così, una volta di più, la sua siderale distanza dai bisogni sociali della città e testimonia una pratica,nelle relazioni sindacali, molto più consona agli ambienti militari che a quelli civili.
La questione è che sappiamo chi è “Stato” a svendere lo stabilimento siderurgico al gruppo Indiano.
Non solo si è ceduta la siderurgia italiana a una multinazionale affamata di speculazione e senza nessuna reale volontà industriale, ma le si consente impunemente di disdettare gli accordi, sfruttare la cassa integrazione, rivedere continuamente gli impegni assunti in sede ministeriale.
Ora arriva a colpire chiunque si permetta di dire che di acciaio si muore.
La misura era già colma mesi fa.
ArcelorMittal se ne deve andare perché è la sua permanenza a offendere gravemente il nostro paese, la sua dignità.