DI SERGIO BELLAVITA
È stata raggiunta un’intesa tra il governo Draghi e i segretari generali di Cgil Cisl Uil sul pubblico impiego.
Accolta con grande enfasi dalla stampa e dalle organizzazioni sindacali pretende di segnare una svolta sia nelle relazioni sindacali sia nel riconoscimento del valore del lavoro pubblico.
È davvero così?
La lettura del testo induce a prime valutazioni parziali ma significative. Parziali in quanto siamo di fronte alla stesura di linee guida e non di provvedimenti dettagliati. Significative perché alcuni aspetti appaiono davvero innovativi quanto critici. Temi quali la formazione, l’inquadramento, il lavoro agile, l’estensione della contrattazione di secondo livello secondo criteri aziendalistici, la parificazione con il privato rispetto alle cosiddette agevolazioni in materia di salario di produttività e welfare sono assolutamente significativi e parte di un processo di progressiva privatizzazione del lavoro pubblico.
In questo senso è comprensibile la disponibilità del governo ad avviare subito le trattative per il rinnovo dei contratti nazionali ed a sbloccare i concorsi ed il turn over.
Il giudizio non può che essere critico sebbene occorrerà attendere la declinazione delle linee guida nei prossimi mesi. Tuttavia l’accordo testimonia quale sarà la strategia del governo Draghi. Non ci sono scelte draconiane, né tagli particolari. Forte della possibilità di incrementare il debito grazie al recovery Plan, l’esecutivo del banchiere Draghi può permettersi di sostenere politiche rigorose rispetto all’obbiettivo di modernizzazione del paese, ovvero proseguire la liquidazione del modello sociale, ma con larghi spazi di compromesso con parti sociali, CGIL CISL UIL, a cui basta davvero poco per tacere.
Siamo critici nel merito e nel metodo.
Nel merito per la ragione che la parificazione, giusta, del pubblico al privato non può avvenire al ribasso prendendo dal privato modelli che hanno contribuito all’impoverimento del lavoro.
In secondo luogo pare che la pandemia non abbia insegnato nulla. In particolare a Landini certo ormai molto ingrigito ma unico, tra i tre segretari confederali, a insistere sul ruolo del pubblico in tema di diritti essenziali e universali.
È una scelta disastrosa quella di estendere il welfare al lavoro pubblico.
Il contrario di quello che andrebbe fatto. Si prosegue, nonostante il disastro sanitario, a privilegiare la sanità privata a scapito di quella pubblica. Uno scandalo.
Nel metodo perché l’accordo è stato raggiunto nel più totale disprezzo del rapporto con le lavoratrici e i lavoratori del pubblico.
Nessun percorso democratico, nessuna preparazione collettiva di uno straccio di piattaforma.
Un’altra testimonianza del crescente autoritarismo sindacale interno ed esterno. Anche interno perché nemmeno i gruppi dirigenti hanno potuto discutere della trattativa con il governo.
Ci voleva la pandemia per cancellare persino gli aspetti formali della democrazia sindacale.
Allegati:
PATTO PER LINNOVAZIONE DEL LAVORO PUBBLICO E LA COESIONE SOCIALE