DI TIZIANO LORETI
Da oltre una settimana prosegue la lotta dei lavoratori TNT-FEDEX, la multinazionale americana che ha annunciato 6300 licenziamenti su tutto il territorio europeo, di cui 650 nel nostro paese mettendo a rischio l’occupazione nel magazzino di Piacenza e non solo.
Quel magazzino in particolare è stato nel 2011 il punto da cui è partita la storia del movimento della logistica che dal piacentino si è estesa a tutto il paese e nella notte tra lì1 e il 2 febbraio, la polizia ha attaccato il presidio pacifico per mettere in discussione quella storia evidenziando la violenza dello stato italiano, che usa i suoi gendarmi come guardie private in difesa delle multinazionali e di questo sistema predatore che approfitta di ogni aspetto della vita per creare profitto, ne è la dimostrazione.
Ma sarebbe sbagliato commentare la resistenza, la dimostrazione di forza dei lavoratori TNT-FEDEX, come un fatto singolo ascrivibile ad atto di coraggio e limitato a quel perimetro.
Questa lotta è da inserire a pieno titolo, in un contesto certo ancora oggettivamente difficile, ma che ha portato alla indizione dello sciopero del 29 gennaio, sciopero che è andato ben oltre la somma di chi lo ha convocato.
Di fronte ai continui attacchi padronali (con il Governo Conte politicamente complice) lo sciopero ha dimostrato che l’unità nella lotta non è una semplice enunciazione astratta, bensì una guida per l’azione, l’unica capace di fare uscire i lavoratori e le lavoratrici dal buco nero delle sconfitte e dalla passività.
Possibile ben dire che si è materializzato un punto di riferimento nazionale e intercategoriale per tutti coloro che stanno subendo e subiranno gli effetti devastanti di questa crisi sociale, sanitaria ed economica: un punto di riferimento che, invece di limitarsi ad evocare l’estetica del conflitto, prova a praticarlo.
So bene che la crisi sarà drammatica: centinaia di migliaia di lavoratori precari già hanno perso il lavoro, altri licenziamenti di massa sono in arrivo, l’aumento del tasso di sfruttamento sui luoghi di lavoro è già lampante, e la riorganizzazione dei processi di lavoro in atto (telelavoro, Smart Working, economia di piattaforma) già manifesta i suoi caratteri antiproletari.
Ecco in quest’ottica, la mobilitazione in corso nella filiera FEDEX-TNT, che si è espressa in scioperi e azioni di lotta in gran parte dei magazzini italiani nella stessa giornata del 29 e si sta collegando con le lotte in corso nel Belgio e in gran parte d’Europa contro i pesanti piani di ristrutturazione padronali, è un esempio indicativo degli scenari a cui andremo incontro.
Il supporto alle lotte, alle mobilitazioni reali stanno ponendo al centro del dibattito le parole d’ordine che possono favorire la polarizzazione dello scontro di classe, chiarire che “non stiamo sulla stessa barca” e che è necessario opporsi alle pratiche economiche imposte da Confindustria.
Dobbiamo cogliere la risposta data dalla combattività e dalla tenacia di decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici per allargare il fronte di lotta.
Le lotte di questo tempo non lasciano spazio né alla rassegnazione, né
all’autoreferenzialità. La sfida di fronte a noi è ardua, ma abbiamo la determinazione per essere all’altezza di questa. Gli spazi ci sono.
Questo sistema non è mai stato così evidentemente in crisi a garantire anche solo la vita e la sopravvivenza di milioni di donne e uomini. Le contraddizioni sociali si acuiscono ogni giorno di più, non solo in Italia ma su scala internazionale come dimostrano le mobilitazioni di questi mesi dagli Stati Uniti, all’India.
Ѐ arrivato anche qui il momento di buttare via la paura e tornare ad essere noi a far tremare i padroni e i loro governi.
Non è più comprensibile il timore e la timidezza con cui si è affrontata questa fase, occorre riprendere la via maestra del conflitto e non perdersi nella denuncia dell’emergenza, senza accorgersi dei margini di azione che ci offre.
Un’altra prospettiva è possibile, ed è quello che ci racconta la lotta dei lavoratori TNT-FEDEX e lo sciopero generale e generalizzato del 29 gennaio.