Il sindacato Si Cobas ha proclamato per il prossimo 29 gennaio uno sciopero generale dichiaratamente di natura politica.
Pur augurando allo stesso pieno successo riteniamo utile e necessaria una riflessione sul percorso che ha condotto allo sciopero in questa inedita fase socio-economica.
La sindemia, termine che associa efficacemente le ricadute sociali, economiche e sanitarie della pandemia, sta determinando un progressivo scivolamento nella povertà di crescenti settori della popolazione. Il lavoro dipendente legato all’economia primaria è quello che è stato toccato solo in minima parte nel suo reddito, mentre in altri settori, prevalentemente legati a ristorazione, turismo, arte, cultura ed il lavoro sommerso e precario in genere, le lavoratrici e i lavoratori sono colpiti in maniera violenta e drammatica.
Così come si annuncia una nuova ondata di licenziamenti, in larghissima parte pretestuosi e strumentali, alla scadenza del blocco decretato dal governo per il primo aprile.
In questo scenario il lavoro è sostanzialmente scomparso dall’agenda sociale. Le mobilitazioni di questi ultimi nove mesi, seppur in alcuni casi significative, in particolare quella dei riders, degli operatori sociali, della logistica e dei lavoratori dello spettacolo, hanno evidenziato la totale assenza del mondo del lavoro organizzato.
Ciò non appare solo come il semplice frutto amaro del distanziamento sociale quanto invece l’evidenza del combinato disposto dei processi degli ultimi decenni: la spoliticizzazione di massa, l’arretramento politico e culturale delle classi popolari, l’impoverimento e la precarizzazione, la sequela di sconfitte subite dal movimento operaio spesso senza battaglia alcuna, la parcellizzazione strutturale del soggetto, ed in ultimo il venir meno di qualsivoglia rappresentanza politica del lavoro.
Per queste ragioni, ci permettiamo di dire inoppugnabili, la costruzione di percorsi di mobilitazione, che non si accontentino della semplice autoaffermazione e che non ricadano nel politicismo si devono misurare su almeno quattro obbiettivi di fondo: risposta ai bisogni, continuità delle lotte, accumulo di forze e risultati concreti.
Lo sciopero del 29 gennaio non pare porsi questi obbiettivi. In primo luogo per la distanza siderale tra il linguaggio utilizzato e i livelli di coscienza dei lavoratori e delle lavoratrici a cui si rivolge.
A ciò si aggiunge la constatazione che il Si Cobas ha preferito costituire un cartello con alcune organizzazioni politiche piuttosto che ricercare un percorso con l’insieme delle organizzazioni sindacali conflittuali che sarebbe stato comunque insufficiente rispetto alla dimensione della partita ma che poteva quantomeno innescare un processo di nuova motivazione ed interloquire con parte significativa del mondo del lavoro.
Così mentre cresce la frammentazione delle iniziative, il governo ed il padronato, sul piano generale, agiscono senza ostacolo alcuno e disquisiscono sulla spartizione delle enormi risorse del recovery fund.
In questo quadro i bisogni del lavoro sono semplicemente cancellati anzi. Si attende la scure di nuove e pesanti controriforme sociali considerato che quelle risorse non sono gratis e che la Ue imporrà un suo piano economico e sociale.
Per queste ragioni riteniamo che l’urgenza di un’iniziativa unitaria sia sempre più drammatica e necessaria.