di Piero Santonastaso
Sull’orrenda fine di Satnam Singh sta andando in scena il consueto teatrino dell’indignazione, quello riservato alle morti di lavoro particolarmente efferate oppure alle vittime più indifese, come accaduto il 3 maggio 2021 per Luana D’Orazio. La ripetitività del rituale ne testimonia la perfetta inutilità. Come già in passato, nulla sarà fatto perché cambi lo stato delle cose: non sarà introdotto nel codice penale il reato di omicidio sul lavoro, le norme sulla sicurezza non diventeranno più stringenti, i controlli rimarranno aleatori. Quest’estate i vacanzieri del litorale pontino continueranno a incrociare indifferenti i tanti braccianti sikh che pedalano su biciclette scalcagnate, sotto il sole a picco oppure invisibili nella notte. L’importante è che facciano arrivare in tavola ben maturi e succosi i meloni intorno ai quali si saranno spaccati la schiena per 3 euro l’ora (4 quando va di lusso), 12 ore al giorno.
Oggi siamo costretti ad ascoltare le parole senza senso di ministri impresentabili, distillate accuratamente per la morte di Satnam Singh come se si trattasse di chissà quale evento eccezionale. Ebbene, Satnam è stato il centesimo lavoratore straniero morto quest’anno in Italia (dei 534 morti di lavoro al 19 giugno), il decimo proveniente dall’India. Vale la pena sottolinearlo, affinché l’orrore e la rabbia scatenati dalla sua morte non facciano dimenticare alcuni elementi fondamentali: non aveva permesso di soggiorno esattamente come migliaia di altri migranti; non aveva un contratto esattamente come migliaia di altri migranti; veniva pagato pochi spiccioli per spaccarsi la schiena, esattamente come migliaia di altri migranti (tra i quali la moglie Alisha); non aveva diritto a una vita, esattamente come migliaia di altri migranti.
La cosa peggiore è che chi ha causato la sua morte è convinto di essere nel giusto. Lo testimoniano le parole di Renzo Lovato, padre dell’uomo ora indagato per omissione di soccorso e omicidio colposo: “È stata una leggerezza del bracciante, costata cara a tutti”. I Lovato lo avevano avvisato di stare lontano da quella macchina avvolgiteli. Satnam Singh, insomma, è andato a cercarsela e ha avuto il fatto suo. Siamo convinti che la pensino così non solo i suoi datori di lavoro ma molti, troppi altri italiani. Cosa volete che sia, in fondo? È morto un clandestino, carne da macello ancor più degli altri lavoratori. E nonostante i proclami non sarà certo questo governo di destra a spendersi per le regolarizzazioni e le maggiori tutele.